LA PIEVE DI SAN MARTINO A LUBACO
di Silvia Barchielli
-Rilassati nonno! Sono undici anni che guido e ogni volta che sei in macchina con me, ti reggi come se fossi sulle montagne russe!-
Aldo si rese conto che le sue nocche erano in effetti divenute bianche dalla forza con cui stava aggrappato alla maniglia dello sportello. L’uomo sorrise, si sforzò di rilassarsi e, per ostentare scioltezza e agio, staccò la mano destra dalla maniglia. Si voltò lentamente verso il nipote e si mise ad osservarlo, quasi inconsapevolmente; ma quand’è che quel metro e novanta di muscoli aveva preso il posto del bambino che aveva allietato i suoi pranzi domenicali con le sue chiacchiere, le domande ingenue, le risate grasse e spensierate? Doveva essere successo gradualmente, è logico, così come doveva essere successo per i suoi due figli; ma gli sembrava che i suoi ragazzi fossero cresciuti con più calma, più lentamente. Non era possibile, questo lo sapeva bene; si era trovato sempre più spesso a fare questa riflessione e la risposta che si era dato era che la vita, alla sua età, evidentemente scorreva più velocemente, anche se gli sembrava un controsenso. Era in pensione da una decina d’anni, aveva mille piccoli impegni, ma niente di paragonabile alle incombenze e ai pensieri che il suo lavoro di piccolo artigiano muratore gli aveva sempre procurato. Finché aveva lavorato, gli era parso che il tempo passasse troppo velocemente: avrebbe voluto infatti che le giornate durassero perlomeno il doppio e si era sempre immaginato che una volta giunto alla pensione, non avrebbe saputo come impiegare il tempo. Invece così non era stato. L’orto, i lavori di manutenzione della casa, le galline, la caccia e gli amici del circolo, lo avevano travolto in un nuovo vortice che lo aveva scaraventato, in un decennio, in una realtà che spesso pensava di non aver vissuto davvero, tanto era scorsa rapidamente.
-Lo sai perché si chiama “Lubaco”?-
-Chi?- chiese Aldo riscuotendosi.
-Ma come chi, nonno! La chiesa!- rispose il ragazzo ridendo.
-Ah, già…- disse l’uomo ricordandosi ad un tratto lo scopo di quel viaggio sulla bella strada che un tempo collegava Pagnolle, Monteloro, Santa Brigida, Doccia e Montefiesole, ricalcando l’antica strada etrusca, la Cassia Vetus, che collegava Fiesole e Arezzo.
-Pare si chiami così perché, trovandosi sul fianco occidentale della collina, rimane un po’ nascosta, cioè all’ombra, quindi potrebbe derivare dal latino “opacus”, che significa “ombroso, tenebroso, buio”. Capito?-
– Ho capito- rispose Aldo non molto convinto da quell’attinenza opacus/Lubaco.
-Dai, nonno, molla la presa! Siamo arrivati!- riprese il ragazzo dopo pochi minuti.
Aldo si rese conto in quel momento di essere di nuovo attaccato alla maniglia, così come si accorse di essere irrimediabilmente aggrappato ai suoi ricordi: quando era avvenuto quel cambiamento? Da quando non era più lui a guidare? Da quando non portava più il suo nipotino a pescare la domenica? Da quanto tempo non lo accompagnava più alla partita il sabato pomeriggio?
-Ti piace?- riprese il ragazzo indicando la chiesa con la mano, mentre aiutava il nonno a scendere dall’auto.
La pieve li accolse mostrando, alla luce del giorno, il piacevole contrasto delle sue scure pietre di arenaria con quelle più chiare di alberese e pareva invitarli ad entrare.
Anche San Martino, dal rosone in vetro sull’ingresso, sembrava unirsi a quell’esortazione.
Nonno e nipote entrarono attraverso la caratteristica e rara scalinata in discesa e, una volta dentro, non poterono fare a meno di ammirare il bel fonte battesimale in pietra serena risalente a un millennio prima.
-Vedi nonno? Adesso c’è una sola navata, mentre anticamente ce n’erano tre, suddivise da alcuni pilastri che reggevano il tetto e che sono stati tolti nel Settecento.-
-A quando risale la chiesa?- chiese Aldo distogliendosi per un attimo dai suoi pensieri.
-Non lo so esattamente, però è certo che è stata edificata sulle fondamenta di una chiesa molto antica e nel 1526 ha ricevuto la denominazione di Pieve ed è stata dedicata a San Martino. Allora nonno? Che ne pensi? Ti piace?-
-Mi piace, sì. E’ bella davvero.-
-Lo penso anch’io! A Sandra e a me è piaciuta subito. Sei il primo a cui la faccio vedere: neanche il babbo e la mamma ci sono ancora stati. Lo sai che ci tengo tanto al tuo parere: sei il mio eroe!- aggiunse il giovane poggiando una mano sulla spalla del nonno.
Aldo ebbe una stretta al cuore; era tanto che non sentiva quelle parole; era molto tempo che non aveva avuto modo di stare un po’da solo con suo nipote e in quel preciso istante tornò la magia: quella scintilla che si accendeva soltanto quando erano insieme, loro due da soli, era scoccata di nuovo. Quell’uomo che lo sovrastava ormai di una ventina di centimetri, era tornato ad essere il suo nipotino, quello che, una volta, passava tutto il suo tempo libero con lui. Poi c’erano state le scuole superiori, gli amici, il cinema, la discoteca, l’autobus, il treno, poi la patente, le partite giocate sempre più lontano, un paio di fidanzate… tutte cose che li avevano apparentemente allontanati, anche se durante i pranzi della domenica la loro complicità tornava sempre a galla; ma si trattava di momenti fugaci e sempre più rari.
Solo in quel momento Aldo si rese conto del perché di quel viaggio, dell’importanza che egli aveva sempre avuto per suo nipote e capì che quell’allontanamento di cui egli aveva tanto sofferto, in realtà era stato fisiologico e necessario, imputabile soltanto al normale scorrere della vita. Adesso erano di nuovo insieme; suo nipote aveva ancora bisogno del suo consiglio e della sua approvazione, come quando da piccolo aveva già scelto in quale squadra giocare, ma prima di decidere definitivamente, voleva conoscere il suo parere, o quando desiderava il suo consiglio al momento di comprare la bici nuova o quando non poteva fare a meno di lui per scegliere la canna da pesca.
In quella chiesa, di lì a poco suo nipote si sarebbe sposato; avrebbe così avuto una moglie e in seguito, dei bambini da crescere. Ma adesso per Aldo era di nuovo tutto normale: la vita scorreva veloce, era vero, ma era tornata nei suoi binari. E quel metro e novanta di muscoli era ancora suo.
da LABURISTA Notizie n. 1/2019