Gli italiani sono razzisti? di Roberto del Buffa

Gli italiani sono razzisti?

di Roberto Del Buffa

 

Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le domande sulla natura dell’ondata di egoismo e di odio xenofobo che sta attraversando l’Italia. Credo che sia la prima volta nella storia d’Italia che questa domanda sia posta in modo così generale da richiedere una vera presa di coscienza collettiva, cosa che ha suscitato persino l’interesse internazionale. Nello scorso mese di Luglio infatti Il New York Times ha ospitato un breve articolo di Beppe Severgnini che si chiedeva “Are Italians turning racist?”, rispondendosi con un ottimista “Not yet”, giustificato dall’osservazione che siamo confusi, irritati e spaventati, ma non ancora attraversati da fenomeni di generalizzato odio etnico. Personalmente la penso in tutt’altro modo. Il razzismo è infatti una presenza costante della storia d’Italia, anche se circoscritto a una parte, relativamente piccola, di italiani. Nei confronti di questa minoranza razzista, la maggioranza della popolazione ha oscillato fra un atteggiamento di blanda riprovazione a uno di accondiscendente giustificazione. La prima causa di tutto ciò è che noi non abbiamo mai fatto i conti con la nostra storia e, al suo interno, con i ricorrenti episodi di razzismo, che molti italiani, se non espressamente complici, hanno certamente tollerato. Non penso qui solo alla vergognosa legislazione razziale introdotta dai fascisti nel 1938 e sottoscritta dal re senza eccessivi scrupoli di coscienza, o alle successive deportazioni di ebrei durante l’occupazione nazista, in cui la complicità di molti italiani è storicamente comprovata, seppur negata o ignorata dai più. Penso anche, per esempio, alle vergognose pagine di storia scritte dall’esercito italiano nell’occupazione coloniale di Libia, Eritrea e Somalia e così ben documentate dallo storico Angelo Del Boca, che ha contribuito a sfatare, una volta per tutte, il mito degli “Italiani, brava gente”. Potremo poi citare i ripetuti episodi di intolleranza verso le minoranze rom e sinti, e poi ricordare alcune non edificanti azioni dei nostri corpi militari, come i casi di tortura di cui si macchiò l’esercito italiano inviato come contingente di pace in Somalia nel 1993, ma in realtà basta sfogliare le cronache di vecchi giornali e gli episodi di razzismo che, di quando in quando, riportano, per testimoniare della persistente presenza in Italia di un rischio razzista, la cui presenza non sembra stata sufficiente a risvegliare le sonnacchiose coscienze degli italiani. Così è bastato l’arrivo di una riprovevole classe dirigente, che per convenienza politica ha cercato di fomentare un vero e proprio clima di odio verso gli stranieri, per far riemergere questo razzismo minoritario ma tollerato. Quello che però andrebbe spiegato è come mai la maggioranza degli italiani trova questi comportamenti giustificati e invece di stigmatizzarli, innalzando il livello di allarme sociale, preferisce concentrarsi sul presunto problema dell’eccessiva presenza di stranieri in Italia, indicato come causa di tutti i mali di cui soffre la società italiana. La verità è che la maggioranza dei cittadini ha una percezione falsata della realtà, basata su alcuni stereotipi, rinforzati da una comunicazione che sta diventando schizofrenica, fra notizie false diffuse ad arte, incapacità di valutare i dati e ragionamenti per assurdo presi in senso letterale. Non è un caso che i dati sulla capacità culturale della popolazione italiana siano, questi sì, allarmanti: più di un quarto (il 28% secondo una recente stima) degli italiani è da considerare analfabeta funzionale, cioè sa leggere e scrivere ma è incapace di comprendere il contenuto di istruzioni appena più articolate di un comando diretto. Figuriamoci se riesce a distinguere fra una tesi argomentata e uno slogan falso, ma ripetuto e declinato in così tanti modi da farlo apparire come vero. Se il razzismo è basato soprattutto sull’ignoranza, questo requisito non manca certo in Italia. E lasciatemi notare che proprio qui si consuma una sconfitta storica per la sinistra italiana, incapace, nonostante i numerosi governi cui ha dato la propria fiducia, di garantire l’emancipazione sociale delle classi popolari, in primo luogo la loro emancipazione culturale. Incapace di imporre un modello educativo basato sulla formazione continua lungo tutto l’arco della vita, la sinistra si trova dunque impreparata a fronteggiare l’analfabetismo di ritorno di una parte rilevante della società italiana, in cui messaggi politici semplificatori e demagogici risultano vincenti, in assenza di chi sappia  esercitare su di essi il proprio spirito critico. Ricordo qui le istruzioni che Berlusconi impartiva ai propri pubblicitari (o anche ai politici di Forza Italia): siate semplici, parlate per slogan, pensate sempre di avere davanti un bambino di dieci anni (e neppure troppo sveglio, aggiungerei io). Se questa ricostruzione è corretta, la domanda che ho posto come titolo di questo articolo ha una sola risposta: solo una minoranza di italiani è razzista e lo è sempre stata, ma la concomitante presenza di una diffusa ignoranza e di una classe dirigente priva di scrupoli nel fomentare un clima di odio, rischia di far diventare quella minoranza molto consistente, forse persino maggioritaria. D’altra parte quale miglior modo di trarre un vantaggio politico dall’ignoranza diffusa che non indicare un capro espiatorio cui addossare la responsabilità di problemi che, in un mondo sempre più complesso, sembrano assai difficili da risolvere. Oggi tocca agli emigrati extracomunitari e, magari, all’Unione Europea, domani al complotto di oscuri plutocrati, e poi chissà cos’altro. Non resta che sperare che la storia confermi l’osservazione che chi solleva tanto odio finisce poi generalmente per esserne vittima e quindi aspettare che il vento di un nuovo clima elettorale spazzi via questi cialtroni, riportando al centro della politica la discussione fra analisi diverse dei problemi e soluzioni alternative in competizione fra loro.

 

da LABURISTA Notizie n. 1/2019